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Sabato e domenica ero a Hiraizumi, una località remota del Tohoku nella prefettura di Iwate. Il posto è diventato famoso recentemente perché alcuni reperti della zona sono stati designati come siti del patrimonio mondiale Unesco.
Delle cose che ho visto mi ha colpito un tempio buddista completamente ricoperto di foglia d’oro ma che mantiene una modestia austera, e poi un grande parco che in origine era lo sfondo di un altro tempio ora perduto a causa delle fiamme. L’atmosfera è talmente bella che non si sente nemmeno la mancanza dell’opera dell’uomo, degli edifici antichi, ma a guardare bene si capisce che nel giardino niente è casuale: le piante, gli alberi, il laghetto, le pietre, tutto è disposto in modo straordinariamente armonico, come se la natura avesse voluto compiacere l’occhio dell’uomo. Chi ha composto il giardino, in effetti, ha voluto ricreare in terra una specie di paradiso (il termine giapponese Jodo ha in realtà un significato più vasto) e io ho avuto la netta impressione che in qualsiasi momento del giorno o della notte, con qualsiasi tempo atmosferico, con qualsiasi luce, il visitatore possa godere di una pace profonda.
In qualche modo diabolico gli Hiraizumiesi sono riusciti a dare lo stato di patrimonio mondiale anche a una spianata priva ormai di qualsiasi traccia di edificio o di giardino. Lì sorgeva un tempio simile al Byodoin di Kyoto, ma adesso l’unico modo per esserne suggestionati è conoscere bene la storia e immaginare quello che ci può essere stato. E’ come quando passi a mangiare un piatto con sempre meno condimento, meno ingredienti, fino a che ti ritrovi con un pezzo di verdura cruda e poi neanche quello. Il piacere del vuoto. Ma giuro che non c’entra niente con lo zen.
Per il resto Hiraizumi mi ha regalato delle mangiate di mochi, una pasta di riso glutinoso che avevo sempre guardato con sospetto ma solo perché non avevo mai provato la versione appena fatta, e delle bevute di ottimo sakè locale giustificate dal fatto che le pietanze del Tohoku sono tremendamente salate.
Poco prima di riprendere il treno per Tokyo ho chiesto informazioni sui detriti che c’erano per terra. Il nostro autista mi ha spiegato che il terremoto lì è stato fortino: 7 gradi. Mimando la sua reazione alla scossa è arrivato ad appoggiarsi con le palme per terra come se facesse dei piegamenti.