Archivio | ottobre, 2011

Le piccole guide di Pesceriso: Hiraizumi

27 Ott

La galleria si trova qui

Sabato e domenica ero a Hiraizumi, una località remota del Tohoku nella prefettura di Iwate. Il posto è diventato famoso recentemente perché alcuni reperti della zona sono stati designati come siti del patrimonio mondiale Unesco.
Delle cose che ho visto mi ha colpito un tempio buddista completamente ricoperto di foglia d’oro ma che mantiene una modestia austera, e poi un grande parco che in origine era lo sfondo di un altro tempio ora perduto a causa delle fiamme. L’atmosfera è talmente bella che non si sente nemmeno la mancanza dell’opera dell’uomo, degli edifici antichi, ma a guardare bene si capisce che nel giardino niente è casuale: le piante, gli alberi, il laghetto, le pietre, tutto è disposto in modo straordinariamente armonico, come se la natura avesse voluto compiacere l’occhio dell’uomo. Chi ha composto il giardino, in effetti, ha voluto ricreare in terra una specie di paradiso (il termine giapponese Jodo ha in realtà un significato più vasto) e io ho avuto la netta impressione che in qualsiasi momento del giorno o della notte, con qualsiasi tempo atmosferico, con qualsiasi luce, il visitatore possa godere di una pace profonda.
In qualche modo diabolico gli Hiraizumiesi sono riusciti a dare lo stato di patrimonio mondiale anche a una spianata priva ormai di qualsiasi traccia di edificio o di giardino. Lì sorgeva un tempio simile al Byodoin di Kyoto, ma adesso l’unico modo per esserne suggestionati è conoscere bene la storia e immaginare quello che ci può essere stato. E’ come quando passi a mangiare un piatto con sempre meno condimento, meno ingredienti, fino a che ti ritrovi con un pezzo di verdura cruda e poi neanche quello. Il piacere del vuoto. Ma giuro che non c’entra niente con lo zen.
Per il resto Hiraizumi mi ha regalato delle mangiate di mochi, una pasta di riso glutinoso che avevo sempre guardato con sospetto ma solo perché non avevo mai provato la versione appena fatta, e delle bevute di ottimo sakè locale giustificate dal fatto che le pietanze del Tohoku sono tremendamente salate.
Poco prima di riprendere il treno per Tokyo ho chiesto informazioni sui detriti che c’erano per terra. Il nostro autista mi ha spiegato che il terremoto lì è stato fortino: 7 gradi. Mimando la sua reazione alla scossa è arrivato ad appoggiarsi con le palme per terra come se facesse dei piegamenti.

CRONACHE DALL’ISOLA FORMOSA: 3. What Flavio ate

22 Ott

Gli ultimi tre giorni della vacanza li ho passati a Taipei, a casa della famiglia di una mia amica. Ho continuato a esplorare i sapori della città (bieca perifrasi per nascondere una abbuffata pressoché continuativa) e non me ne sarei più andato.
In tutto questo la mia ospite ha tenuto un diario puntuale e precisissimo di tutto quello che ho mangiato. Un po’ questa passione per la passione del gusto mi ha consolato: ho pensato ecco vedi che non sono solo io il malato, ma poi vedendo che si tratta di tre fogli grandi recto e verso la consolazione è un po‘ scemata.
L’elenco degli alimenti da me ingurgitati consta di data, occasione della degustazione (si contano numerosi pranzi e cene nel medesimo giorno), nome cinese del cibo, spiegazione in inglese e eventuale disegnino esplicativo. Forse è il più bel souvenir che ho riportato in Giappone.
Poi questa mia amica mi ha scritto una mail dicendo che un paio di cose se le era dimenticate e mancano nella lista, io non le ho detto che qualche volta ho anche mangiato fuori con altri amici perché me ne sono vergognato. Mi ha anche scritto che arrivare a solo tre fogli è da dilettanti, la prossima volta devo impegnarmi di più. Accetto la sfida.

Terrazzo impazzito

19 Ott

Poi alla fine arriva l’autunno. Il primo autunno dalla crisi radioattiva.
In quest’aria freschetta gli abitanti del mio terrazzo vivono un momento di gloria. Il basilico a cui ero pronto a dare un addio definitivo continua a gettare foglie profumatissime, non contento di tutti i pesti che mi ha fatto mangiare e le insalate di pomodori che mi ha fatto insaporire. Nel vaso del goya un seme della stessa pianta caduto mesi fa ha deciso di germinare e adesso vicino alla madre, un poco rinsecchita invero, ne sta crescendo una giovane. Che progetti avranno per questo autunno? Come fanno ad avere questa forza dopo che ho trascurato di dare loro l’acqua per due settimane quando ero a Taipei? Ecco, sono diventato un anziano che tedia il prossimo coi discorsi sulle piante. Sono pronto per la pensione.

 

AGGIORNAMENTO:

Non me ne ero accorto, ma ho trovato anche questo scavezzacollo.

E con questo, ciao ciao estate ?

16 Ott

Tokyo è grande, non finisce mai. Basta andare in momenti diversi in posti diversi e non la riconosci.
Dopo giorni autunnali, una domenica di sole splendente, estivo. Esploro in bicicletta i quartieri orientali della città, ma ancora da questa parte del Sumida: Kuramae, Asakusabashi e poi Ningyocho, Suitengumae. Le strade sono vuote, piene solo di una luce forte ma già tendente al lattiginoso, a vederla bene. In questa zona i negozi chiudono la domenica, come se si fosse in una piccola città italiana, sarà per questo che mi sento a mio agio. La gente che si vede in giro è in bici e ha l’aria di godersi l’inaspettato calore di ottobre, quasi incredula, impreparata.
Poi la sera bevo le birre alla spina con un mio amico in un pub mentre attorno a noi tutti i neozelandesi del quartiere impazziscono per la vittoria delle felci a rugby. Sugelliamo la serata con un ramen e poi mi godo uno squisito film di Elio Petri con Marcello Mastroianni.

CRONACHE DALL’ISOLA FORMOSA: 2. Il signor Ho Lian Chuan

11 Ott

Uno degli incontri più interessanti che ho fatto a Taipei è stato con il nonno dell’amica che mi ospitava. Conoscerlo mi ha fatto capire qualcosa della frammentarietà linguistica dell’isola.
Appena ha saputo che a casa di sua nipote c’era un parlante giapponese, il signor Ho le ha imposto di portarmi a casa sua. Sono arrivato in un giorno speciale, il giorno in cui i taiwanesi bruciano fogli chiamati d’oro e d’argento in dei bracieri come offerta agli antenati e agli dei. Sua moglie aveva preparato delle delizie imbandite sul tavolo davanti all’altare domestico e abbiamo mangiato tutti insieme.
Il signor Ho ha un’età indefinita ben sopra gli 80, ha frequentato la scuola giapponese a Taipei durante l’occupazione e a parlarci sembra un signore di Asakusa, anche se non ha quasi mai occasione di usare il giapponese, infatti i suoi compagni se ne sono andati tutti. Fino all’anno scorso visitava Tokyo una volta l’anno, ma adesso ha problemi di deambulazione e deve stare a casa. La mia amica non può comunicare bene con il nonno perché lui parla solo taiwanese e giapponese, e lei parla correntemente solo il mandarino, la lingua ormai impostasi massicciamente a Formosa. Il risultato è che con il nonno ci parlo più fluentemente io che i nipoti, cosa che mi ha fatto una certa impressione.
Rimango a casa dei nonni per un po’, mangiando quelle cose buonissime, chiacchierando di tutto, incalzato per mangiare con una cortesia giapponese e un’ospitalità taiwanese, e quando è ora di andarcene e vedo il viso del nonno raggiante non stento a credere a sua nipote che mi dice di averlo raramente visto così felice. Incontrare il signor Ho può essere stato uno dei motivi per cui dovevo andare a Taiwan.

CRONACHE DELL’ISOLA FORMOSA: 一 io e Taiwan

7 Ott

Ho la fortuna di avere da anni delle amicizie taiwanesi. La loro isola è praticamente sconosciuta agli italiani e anche io, prima di cominciare ad abitare in Asia non avevo un’immagine chiara della cultura, del rapporto con la Cina, del carattere della gente. Poi tre anni fa ho visitato Taipei per tre giorni dopo i quali sono tornato a Tokyo ingrassato di 4 chili e innamorato del cibo e del tè locale.
Ieri sono tornato da un viaggio di quasi due settimane e questo è quello che ho pensato.

– Chiunque dica di essere un esperto di tè e non conosce le varietà taiwanesi sta mentendo. Il livello che la cultura di questa bevanda raggiunge qui è definitivo.
– A Taipei ogni giorno sembra di stare alle giostre. La sera è sempre una sagra, ogni giorno dell’anno è come se fosse santa Caterina a Udine o Santu Ronzu Nesciu a Lecce, ma cento volte di più. A ora di cena tutti sono per strada a mangiare in piedi o seduti, le bancarelle traboccano di carne, pesce, verdure, roba fritta, bollita, alla brace, stufata, al vapore, dolce, piccante, speziata, delicata. E’ il parco giochi delle papille gustative. Al ritorno, Tokyo mi ha dato l’impressione di una città morta in cui dopo una certa ora non si trova più niente. E dico Tokyo.
– In generale basta non indossare dei pantaloni corti della tuta per essere il più elegante del posto.
– Chiunque pensi che la propria città sia brutta, dovrebbe visitare Taichung.
– Conoscere il giapponese è un vantaggio enorme. Si può farsi capire scrivendo con la penna su un foglio o con il dito sul tavolo et voilà, la comunicazione è servita.
– La cortesia dei Taiwanesi è estrema. Ogni giorno si sente la parola grazie pronunciata milioni di volte, al ristorante si ringraziano reciprocamente clienti e camerieri, alla discesa dell’autobus gli utenti ringraziano l’autista che a sua volta ringrazia. Quanta gentilezza!