
Tokyo, Tokyo tower, Tokyo
È bello poter ascoltare una radio italiana dal Giappone. Quando poi questa radio ti chiama per una intervista sul Giappone prima uno è felice, poi un po’ scocciato perché nell’orario della diretta ha un impegno di lavoro. E non se ne fa niente. Allora poi visto che ha un blog risponde scrivendo alle domande che alla fine nessuno gli ha fatto.
Sono usciti degli articoli sul post-Fukushima, gli sprechi, gli errori, le reticenze, la disorganizzazione nella ricostruzione. Sembra che molti dei fondi stanziati per riparare ai danni di terremoto, tsunami e contaminazione radioattiva siano finiti in spese che con i disastri non avevano niente a che vedere. È molto difficile controllare direttamente, ma pare che questo punto di partenza sia, come spesso accade, esagerato e un po’ troppo massimalista. Temo che il desiderio di consolare tutti col pensiero da bar che “tutto il mondo è paese” abbia un poco preso il sopravvento.
Di sicuro ci sono stati sprechi e molte cose non hanno funzionato, a volte anche a causa della cattiva fede. In ogni caso, secondo me tutta questa situazione rivela un aspetto tipico del paese in cui abito: ci sono due entità che si muovono a velocità diverse e con diversi obiettivi: la società civile e le aziende da una parte e la politica dall’altra.
Immediatamente dopo il disastro di marzo 2011 si è visto che la gente comune ha reagito in modo solidale risparmiando l’energia elettrica, facendo volontariato, impegnandosi per risolvere i problemi affrontabili. Ma purtroppo per prendere delle decisioni di massima, per indicare la rotta durante la tempesta c’è bisogno di politici autorevoli, credibili e coraggiosi. A me sembra che questo sia un problema evidentissimo del Giappone: la classe politica è stata abituata ad assecondare i cambiamenti della dinamicissima economia del Paese, e spesso le leggi, le norme e le decisioni hanno seguito con grande ritardo lo sviluppo economico, culturale e sociale. È troppo normale e accettato assistere a scivoloni, errori marchiani e figuracce dei politici; potrei fare un elenco infinito, ma basta vedere le mosse intraprese nella questione delle isole contese con la Cina o la Corea, l’atteggiamento verso le basi militari americane, il ritardo biblico nelle norme che riguardano la società, i vuoti legislativi incomprensibili e, inevitabilmente, l’atteggiamento del tutto inadeguato per quanto riguarda le decisioni sul nucleare. C’è da dire che il partito di maggioranza attuale non ha esperienza di governo e ha vinto dopo quasi 70 anni di monopolio incontrastato del Jiminto, ma è anche vero che i giapponesi non hanno mai avuto fiducia nelle capacità decisionali dei governanti, e spesso ho l’impressione di trovarmi in una comunità che si autoregola, in cui le leggi della società sono più influenti del diritto scritto, della politica e dei tribunali. Non so se sia consolante, ma è meglio dell’idea grossolana che alla fine tutti rubbano.
Questo avrei detto alla radio, andando brutalmente fuori tema, credo.
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