Archivio | gennaio, 2014

Hanayashiki, cuore di Asakusa

16 Gen

 Se visitate Tokyo, sicuro andrete ad Asakusa. Girerete un po’, guarderete il tempio e i negozietti, i risciovale e il fiume Sumida. Poi a un certo punto passate per caso vicino a un luna park che da fuori si capisce subito che è vecchio, e ha l’aria di essere di un’altra epoca, un residuato. A me ha fatto sentire un sapore felliniano. Si chiama Hanayashiki ed è una istituzione del quartiere, anzi, di Tokyo. Se avete tempo entrate: in un attimo vi ritrovate in un altro mondo. Pare un po’ di essere in una sagra paesana, lo spazio è densissimo, le attrazioni sembrano un gestite da imbonitori di piazza, innocenti, naif. Il parco è nato come giardino pubblico, e nel corso dei decenni è stato uno zoo, un giardino botanico, uno spazio per i baracconi, per le attrazioni, e infine un parco divertimenti. Le montagne russe hanno appena compiuto 60 anni e per l’occasione sono state dipinte di rosso, colore che si fa indossare ai sessantenni in Giappone. Salirci è come fare un giro su un cinquantino, stessa velocità, solo che non serve il casco. Sembrano il bruco mela, sono piccole. Tutto è piccolo allo Hanayashiki. Il parco ha 160 anni di vita, e i nonni che ci venivano con i loro nonni adesso ci portano i nipoti. Visto che siamo ad Asakusa, il quartiere dello spettacolo dell’era Showa, in un angolo sotto le casette volanti hanno ricavato un palco e alla domenica fanno spettacoli di rivista con ragazze che ballano, suonano con lo shamisen canzoni nostalgiche, cantano e fanno il tip-tap. Poi c’è uno spettacolo per bambini in cui cinque travestiti/drag queen coloratissimi interagiscono e fanno numeri di danza per poi invitare tutto il pubblico a partecipare a dei giochi che si facevano cento anni fa per strada: la battaglia con le trottole, girare la carta sbattendone un’altra sopra eccetera. Sì, ogni domenica c’è uno spazio in cui sembra di tornare indietro nel tempo, e mamme, papà e bambini passano il pomeriggio sfidandosi a colpi di trottola. Con i travesta (!). Poi ci sono vari angoli scenici, spazi per il picnic, la casa degli spiriti, ristorantini, una ruota panoramica che mi ricorda quelle minuscole delle sagre indiane girate a braccia dal giostraio, una stazione radiofonica, la stanza delle illusioni, i panda meccanici su cui salire se hai meno di 4 anni, delle scatole di sabbia in cui cercare un oggetto con le mani, un minuscolo giardino giapponese con tanto di ponte… Potrei continuare per ore, ma è meglio andarci di persona. È uno dei pochi posti in Giappone e forse nel mondo in cui è meglio andare quando è pieno, perché guardare il popolo che si diverte è parte dello spettacolo. Se vi piacciono le cose di questo tipo, una visita allo Hanayashiki potrebbe essere quasi commovente. Personalmente mi ha fatto pensare a tante cose che ho vissuto in epoche remote, e ritrovarle così lontano da casa e tutto l’anno invece che solo a Santa Caterina è stato formidabile.

Anno vecchio, casa nuova, anno nuovo

15 Gen

Negli ultimi giorni del 2013 ho cambiato casa, vita e quartiere. Adesso sto in un posto che mi piace molto. È una zona centrale e popolare di Tokyo, e per popolare intendo nell’accezione del popolo. Le case sono vecchie, ammassate e spesso affacciate in stradine in cui non entrano le automobili. Gli ultimi 300 metri di trasloco li ho fatti a braccia. Nella zona ci sono due bagni pubblici e dei negozi di tofu che penso abbiano visto la guerra se non il grande terremoto del Kanto. Appena dopo il trasloco siamo andati a salutare i vicini portando un piccolo regalo,  ovviamente abbiamo trovato quasi solo anziani, spesso affetti da sordità che abbiamo benedetto in vista di feste, musica e altre attività fastidiose per il vicinato. La casa accanto alla nostra ha, davanti, una pompa dell’acqua che, azionata a mano, dà acqua di pozzo. I vicini hanno detto che non è potabile, ma di usarla quando vogliamo ad esempio per annaffiare le piante. Io la userei ogni giorno, anche solo per il piacere di giocarci, spingere su e giù la barra. Molte case sono aperte, senza chiave, e per chiamare i proprietari bisogna entrare dalla porta scorrevole e strillare dall’ingresso, come ho imparato vedendo il ragazzo delle consegne. Insomma è un quartiere che mi ricorda molto un vascio o ancora di più il sestier di Castello (Casteo) a Venezia. È impressionante vedere come la forma della città influenzi la vita di chi ci abita: tutti si salutano, bene o male ci si conosce di vista. C’è anche l’unica linea del tranvai di Tokyo, vicino.
La notte del 31 dicembre ho partecipato alla rituale battitura del mochi (una pasta di riso glutinoso) nello spiazzo del piccolo santuario scinto proprio dietro casa nostra. Ovviamente sono stato messo subito in mezzo e i primi colpi nel mortaio sono stati i miei. Mentre sollevavo il martellone di legno, ho sentito gente mai vista parlare di me. “Sì, è un italiano, viene da Yushima e gli piace portare i palanchini, magari parteciperà al nostro matsuri in primavera”. La circolazione delle notizie ha molti mbps, a shitamachi. Buon anno del cavallo galoppante!