Archivio | agosto, 2012

E quella?

30 Ago


Avete mai visto un film che rimbalza dal genere romantico all’horror al thriller, il tutto intervallato da canzoni come se fosse un musicarello? Questa esperienza ve la potete regalare guardando un film indiano del 1964 chiamato वो कौन थी  Voh kaun thi – Chi era quella?.

Devo ammettere che amo l’India di un impeto che non conosce limiti e mi faccio manipolare da questo ogni volta che solo sento parlare la lingua Hindi. Comunque il film è bello, lunghissimo e contiene delle ottime canzoni di Lata Mangeshkar playbackate dalla attrice protagonista (Sadhana). La trama è intrigante e tira in causa lo spettro di una donna defunta (qui potrei ammorbarvi con il concetto dei poteri magici e potenza femminile nelle culture del subcontinente e -perché no- dell’Asia tutta, ma lascio perdere), i dolori di un giovane medico molto benestante, le preoccupazioni di chi gli sta vicino e cerca di proteggerlo.
Certo, un film indiano degli anni ’60 non è proprio facilissimo da digerire, e in particolare vi consiglio di desistere se non vi piacciono i ritmi lenti, i film hindi sottotitolati in inglese, le trovate registiche un po’ ingenue, le canzoni che interrompono il flusso del racconto.

Però secondo me fra poco il cinema indiano arriverà anche in Europa, quindi conoscerne le radici potrebbe farvi fare bella figura nelle conversazioni.

“Bollywood? Eh, bello, ma dovevi vedere come erano i film 50 anni fa. Allora sì che c’era mestiere nel raccontare le storie e nelle canzoni, no come adesso che sono tutti effetti speciali. Ah…”

L’estate di pesceriso

22 Ago

Ogni anno quando viene mi ricordo la promessa a me stesso fatta l’anno precedente: mai più un agosto a Tokyo. Non tutto, almeno. Invece poi per impegni, impicci, cose varie ci rimango.

Com’è Tokyo in estate? Se vi interessa saperlo continuate a leggere questo post.

Il caldo è molto umido e costante. C’è tutto il brutto di abitare in una città di vetro, lamiere, cemento e altri materiali che immagazzinano la potenza del sole e te la restituiscono con gli interessi la notte. La temperatura non scende mai. A parte qualche giorno per la ricorrenza dei morti, in Giappone si lavora normalmente in agosto, ai ritmi consueti. Il che sembra straniante, in questa fornace. L’aria condizionata gelida provoca malanni, raffreddori fastidiosissimi, ma senza non si riesce a dormire, e comunque si suda costantemente, torrenzialmente. Andare al mare sarebbe anche possibile, peccato che le località a portata di treno da Tokyo siano dei posti invasi da costruzioni orride, sovrappopolati e secondo me non molto belli nemmeno prima che ci arrivasse il genere umano che comunque ha provveduto a rovinarli.

In estate mi viene la nostalgia dell’Italia e del Mediterraneo. Non a Natale o a Pasqua; in agosto. Sento la mancanza della luce e dell’aria secca, dei colori, della brezza profumata di mare, dei bagni nel Natisone, delle grigliate in giardino, delle scampagnate in montagna o in collina decise all’ultimo momento. Mi manca l’Italia, il mare e anche la Grecia, persino il cibo greco che normalmente non stimo molto (un giorno ho cucinato σουβλάκι e τζατζίκι, chi lo avrebbe mai detto). Per ingannare l’estate di Tokyo ho dei metodi personali come ad esempio usare solo la vespa per gli spostamenti, scorrazzarci di notte per la città, andare ad Asakusa e fare il bagno nella piscina all’aperto, ma bisogna scegliere le giornate giuste altrimenti stare fuori può essere un grosso errore a causa della vampa umida. Poi cucinare, provare ricette e bevande nuove, stare con gli amici e bere birra. Sono evasioni ingenue, che comunque non mi rigenerano come dovrebbero.
O Voi che non passate l’estate in Asia, godete anche per me.


Mascherata di ferragosto

20 Ago

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È interessante seguire i movimenti e le manifestazioni politiche, ma spesso per capirle è assolutamente necessario entrare in un modo di ragionare fatto di visioni completamente diverse da quelle a cui siamo abituati. Il caso più lampante è, secondo me, la celebrazione giapponese del 15 agosto al tempio Yasukuni.

Innanzitutto la data: è il giorno in cui il Giappone ha definitivamente perso la guerra, nel 1945. Può risultare strano che sia il giorno in cui i nazionalisti giapponesi si scatenano, ma a pensarci bene è il motivo per cui le manifestazioni di questo giorno mettono a nudo un carico di acredine, frustrazione, rabbia accumulata in decenni passati senza che il paese facesse i conti con la realtà della storia né con i propri vicini brutalmente invasi.

Dalla mattina tutto il centro della città è bloccato, eserciti di poliziotti transennano le strade per evitare che i rumorosissimi furgoni dei nazionalisti intasino tutto e raggiungano il tempio della discordia, dove si tiene la celebrazione ufficiale. Anche la commemorazione, a cui partecipano alcuni membri del governo, si basa su concetti fortemente ambigui, visto che si tiene nel luogo in cui riposano le anime dei criminali di guerra, accanto a un museo fascistissimo e revisionista, in un tripudio di peana per i militari giapponesi che hanno fatto il loro dovere in combattimento. Mi colpisce sempre il gran numero di gente comune che raggiunge il santuario il 15 agosto, persone normali a cui si mescola un’umanità disparata che include reduci veri, esaltati guerrafondai nati chiaramente dopo la guerra, gente a cui piace mascherarsi da soldati (cosplayer, di fatto), otaku vari, politicanti, revisionisti, propagandisti, raccoglitori di firme per riprendersi le isole russe, taiwanesi, cinesi, coreane, capetti yakuza, pescatori nel torbido di vario tipo. Lo spettacolo è straniante, sembra una sagra delle contraddizioni. È come se in Germania si organizzasse una commemorazione ufficiale a cui partecipassero i reduci della wehrmacht, gente in uniforme nazista, bandiere con croci uncinate, gente comune, politici al governo e curiosi. Come minimo una parte della popolazione nazionale si indignerebbe, per non parlare degli altri paesi e delle minoranze massacrate. Invece di fronte alle proteste internazionali in Giappone i politici e -va detto- buona parte dell’opinione pubblica si risentono perché ritengono che cinesi e coreani vogliano rivangare il passato in modo pretestuoso per far apparire i giapponesi come i mostri che non sono. Insomma dopo 67 anni siamo ancora in una situazione da cui non si vede l’uscita. Se vi capita di essere a Tokyo il 15 agosto provate questa esperienza surreale: tuffatevi nel cuore nero di pece del nazionalismo giapponese.

Fiori di fuoco

12 Ago

L’estate è la stagione dei fuochi d’artificio. Se uno ha voglia di girare le località vicine, ogni settimana ci sono due o tre posti da cui li sparano, è una tradizione antica. Ieri ci sono stati i grandi fuochi artificiali della baja di Tokyo, e lo spettacolo è stato impressionante. Un’ora e mezza di intrattenimento psichedelico, con forme e colori cangianti, lanci ad altezze che pensavo solo degli aviogetti potessero raggiungere, fuochi a forma -addirittura- di pikachu.

Per me, comunque, lo spettacolo più bello è stato guardare la gente accorsa. Milioni di persone tutte in uno stato d’animo pronto alla meraviglia, piene di voglia di esaltarsi, commuoversi, applaudire in preda all’emozione. Noi ci siamo sistemati su una strada in riva al porto commerciale, accanto a dei depositi merci, dopo aver camminato per strade foderate di poliziotti impegnati a dirigere il traffico pedonale festante. La densità umana era tale che nemmeno a cena con amici si è seduti così vicini al vicino, tutti avevano birre, cicheti, un telo su cui sedersi, bambini, ragazzi delle superiori, adulti paciosi. Tutta Tokyo si è trasformata in una smisurata sagra di paese, festante nel caldo, piena di ragazze in yukata colorati, eleganti o da quattro soldi. Per una sera ho obliato il caldo, l’umido, il cemento e il fatto di non essere in un posto più adatto all’estate.